Primi

Lo scammaro, un “mezzo” peccato di gola

Lo scammaro, un “mezzo” peccato di gola

di Carmen Autuori

La definizione deriva dai giorni di "scammaro" che nel Regno delle due Sicilie identificavano i giorni di Quaresima e tutti gli altri giorni nei quali, per precetto religioso, era obbligatorio mangiare di magro.

La storia del termine è davvero curiosa. Alcuni monaci, nonostante l'osservanza religiosa che prevedeva l'astensione dalle carni, erano soliti consumarne per questioni di salute, chiusi nelle loro camere per rispetto dei confratelli che osservano rigidamente il precetto religioso: i primi, quindi "cammaravano" mentre i secondi "scammaravano". A tal proposito, Ippolito Cavalcanti, su richiesta di alcuni esponenti del clero, per i giorni di Quaresima s'inventò la frittata di "scammaro" e ne riportò la ricetta nel suo “Trattato di Cucina teorico pratica" del 1837.

Secondo Franco Santasilia di Torpino, invece, il termine deriverebbe dal fatto che un opulento antico romano che viveva a Capua, chiamato Camerone, era solito organizzare pranzi e cene di grande ricchezza. Dato che la “s” in napoletano ha valore privativo, posta davanti al nome modificava l’opulenza del piatto facendolo diventare un piatto povero.

La Quaresima per i cristiani è tempo di moderazione, soprattutto per la gola. D'altra parte tutte le religioni, da sempre, hanno influenzato con i loro precetti la sfera dell'alimentazione dei propri seguaci e ciò è vero soprattutto quando si parla di digiuni ed astinenze legate a particolari periodi dell'anno. Queste regole, mentre per altre religioni sono ancora rigidamente osservate (si pensi al Ramadan per i musulmani), per noi cristiani, con lo scorrere dei secoli, hanno assunto la veste di tradizioni che si concretizzano nel consumo di pietanze che non prevedono la carne tra i loro ingredienti, la quale secondo la credenza comune, è evocatrice di peccati legati alla gola.

Ma si sa che gli uomini in generale siano poco inclini alle restrizioni della gola, soprattutto qui al Sud, ed allora si sono inventati lo "scammaro": una sorta di frittata di pasta, oppure un timballo, completamente esente da uova, che si tiene insieme grazie al rilascio dell'amido contenuto nei maccheroni ed è condita da capperi, olive, alici, tutti elementi consoni al mangiare di "magro".

La ricetta che vi proponiamo, il Timpano di Scammaro, è una rivisitazione della frittata del Cavalcanti che pur conservando gli stessi ingredienti, viene cotta al forno e diventa uno scenografico, oltre che gustosissimo, timballo.

La preparazione è dello chef Antonio Tubelli che dei timpani ne ha fatto i suoi cavalli di battaglia. È una preparazione semplice e squisita, adatta anche a chi segue un regime vegetariano e, inoltre, si presta ad essere consumata a temperatura ambiente; una bella idea, dunque, per un picnic, visto che la primavera è ormai alle porte.

Ingredienti per 6/8 persone

  • 750 g di spaghettoni di Gragnano
  • 200 g olive verdi
  • 200 g di olive nere di Gaeta
  • 150 g di Pecorino Romano
  • 100 g di capperi dissalati
  • 100 g di pangrattato
  • 50 g di burro
  • 3 cucchiai di olio evo
  • 2 filetti di acciughe dissalate
  • 2 spicchi d' aglio
  • 1 ciuffo di prezzemolo
  • Sale

Preparazione

Lessate in abbondante acqua gli spaghettoni che andranno scolati piuttosto al dente. Nel frattempo, in una capace padella dai bordi alti, soffriggete l'aglio che andrà tolto nell'olio. Scioglietevi le acciughe, aggiungetevi le olive verdi denocciolate ed i capperi dissalati. Fate cuocere per qualche minuto ammorbidendo l'intingolo con un mestolo di acqua di cottura della pasta.

Imburrate una teglia dai bordi alti e cospargetela di pane grattugiato. Versate gli spaghettoni nel sugo di olive e mantecatela con il Pecorino rimestandoli a lungo a fuoco spento per far sì che rilascino l'amido. Questa operazione è fondamentale. Aggiungetevi le olive di Gaeta ed il prezzemolo tritato. Versate la pasta nella teglia e infornate a 200° per circa 15 minuti. Servite tiepido o a temperatura ambiente.

Il consiglio

Qualora fosse di vostro gradimento, potete aggiungere anche 50 g di pinoli e 50 g di uva passa in fase di mantecatura.

Amiamo la cucina del Sud Italia per il suo essere gustosa e ricca di biodiversità, ma anche culla di cultura, storia e storie importanti.
Vogliamo raccontarvelo tutto questo nostro territorio, attraverso la cucina e l’agroalimentare, non perdendo mai di vista bellezze naturalistiche e beni architettonici.

Privacy Policy