di Carmen Autuori
Ricordano i lenti pomeriggi settembrini, quando l’estate cede la scena ai primi refoli di aria fresca. E così prende corpo di nuovo il desiderio di accoglienti divani in salotto, ma anche sul terrazzo. Solitamente sono i compagni di viaggio di profumate tazze di tè ma qui al Sud spesso fanno pendant con liquori e rosoli, il “bicchierino”.
Parliamo delle paste secche, quelle che la nascente borghesia di fine de siécle, che parlava il francese per darsi un tono elegante, amava chiamare petit fours.
Il nome indicava, genericamente, piccoli dolci di pasticceria che potevano essere mangiati in un sol boccone anche a fine pasto, quasi come un rito che precede i saluti.
L’origine del dolce risale al XVIII secolo, quando i forni non avevano il termometro per misurare la temperatura. Quando erano molto caldi venivano chiamati “grand four” (grandi fuochi) e servivano per cuocere grossi pezzi di carne. Invece per le pietanze che richiedevano una temperatura più delicata, pesci, torte e dolci, veniva chiamato petit four (piccolo fuoco).
Dopo la Rivoluzione Francese, la nascente borghesia era alla ricerca di nuovi sapori, quasi a voler conquistare anche attraverso il gusto, un nuovo status symbol.
Fu così che i pasticcieri iniziarono a creare nuove delizie culinarie. I primi petit fours erano estremamente semplici tanto da non aver neanche bisogno del forno. Erano preparati usando come base Pan di Spagna, pasta choux , ma anche semplice cioccolato.
Al giorno d’oggi è possibile distinguerli in due categorie: petit four freschi e petit four secchi. Alla seconda categoria appartengono le nostre paste secche chiamate, impropriamente, anche paste di mandorle dato che l’ingrediente principale è proprio questo frutto ridotto in farina.
Le paste secche non possono mancare nel famoso “cartoccio della sposa”, un vero e proprio rituale legato all' orizzonte simbolico del matrimonio che si concretizza nel consumo di particolari alimenti considerati propiziatori per la coppia di sposi.
Simbolo delle feste importanti, quelle in cui si celebra un sacramento, battesimo, comunione e, soprattutto, il matrimonio, il "cartoccio" è un vassoietto , anticamente chiamato "spasella",composto da paste di mandorla, confetti ed altri dolci secchi, tutto in numero dispari a simboleggiare l'indivisibilità del vincolo matrimoniale. Esso viene offerto agli invitati in accompagnamento della bomboniera oppure in sostituzione di essa.
Ingredienti
- 300 g di mandorle pelate
- 300 g di zucchero semolato
- 2 albumi d’uovo
- 1 bustina di vanillina
- Ciliegie candite per la decorazione
Versate le mandorle nel bicchiere del mixer insieme allo zucchero e alla vanillina e frullate fino ad aver un composto più o meno liscio.
Trasferitelo in uno terrina e amalgamatevi i due albumi appena sbattuti: dovrà risultare una pasta liscia e morbida tale da poter essere modellata con la sac à poche munita di bocchetta spizzata da 1 cm.
Sistemate dunque il composto nella sac à poche e deponete dei mucchietti delle dimensioni di una piccola noce su una placca rivestita di carta da forno.
Sistemate una ciliegina su ogni pasticcino affondandola leggermente, coprite la placca con un telo e lasciate riposare i pasticcini in luogo fresco (non in frigorifero) per dodici ore.
Quindi metteteli nel forno già caldo a 180° e proseguite la cottura 15 minuti fino a leggera doratura.