di Mariapia Mercurio
In Italia se dici melanzana pensi al Sud e soprattutto alla Sicilia, l’isola del sole per eccellenza, affresco di mare, storia, cultura e buon cibo. Tant’è che questo prelibato frutto della terra non poteva non essere celebrato da Camilleri nel suo Montalbano, il fascinoso commissario ghiotto di pasta n’casciata, “piatto degno dell’Olimpo”, fatto con i maccheroni al forno farciti con melanzane fritte, ragù e caciocavallo. E questa è solo una delle golose preparazioni che vedono protagonista la melanzana, che troviamo anche nella tradizionale parmigiana, nella squisita pasta alla Norma fino alla deliziosa caponata.
Insomma, la melanzana può a pieno titolo assurgere a simbolo della cucina mediterranea del Sud piena di gusto, colore e di genuinità. Sconosciuta fino al VII secolo, fu la conquista della penisola iberica da parte degli Arabi a farla giungere in Europa. Le sue origini, però, vanno ricercate in Oriente.
Tuttavia, in principio non ha goduto di ottima fama, infatti un antico proverbio recita: «la melanzana non mangiarla se non sei sano» e questo sembra essere legato al fatto che i primi esemplari importati dall'Oriente fossero lievemente tossici.
Si tratta di un ortaggio la cui storia è avvolta da leggende e dicerie, a partire dal nome stesso, che evoca l’espressione latina “mela insana”, un modo di dire popolare probabilmente legato al fatto che cruda non è digeribile. Gli arabi la chiamavano “badinjian” che tradotto si avvicina a “uovo del diavolo”, in Spagna si credeva provocasse malattie, per altri, invece, poteva incidere negativamente sull’umore dell’uomo.
Il nome arabo venne inizialmente tradotto con petonciano o petronciano, così come testimonia l’Artusi: «il petonciano o melanzana è un ortaggio da non disprezzarsi per la ragione che non è né ventoso, né indigesto».
In ultimo (ma ce ne sarebbero ancora tante da raccontare) sembra che in passato le venisse attribuito anche un potere afrodisiaco; a conferma Machiavelli, che nella Clizia – commedia in prosa in cinque atti – la definisce "pomo d'amore”, proprio perché si credeva che favorisse l'influsso di Venere e accendesse la passione.
A quanto pare della melanzana ne sono state dette di tutti i colori, resta il fatto che oggi le vengono riconosciute diverse proprietà benefiche – a partire da quelle depurative per l’alto contenuto di acqua – ed è apprezzatissima in cucina per la sua versatilità, fritta, al forno, ripiena o arrostita accontenta tutti i palati.
Le varietà di questo ortaggio sono davvero tante, ne citiamo alcune partendo dalla Campania, dove troviamo la violetta lunga napoletana, diffusa nelle aree pianeggianti delle province di Napoli, di Caserta ed in parte di Salerno; come evoca il nome, la sua forma è oblunga, il colore viola scuro. La morte sua è fritta, "a funghetti", nella parmigiana e imbottita, ma anche al forno, grigliata, sott'olio o in abbinamento con la pasta.
Nell'Agro Acerrano-Nolano e Sarnese-Nocerino, in provincia di Napoli, viene coltivata la melanzana cima di viola, un ecotipo locale, autoctono, caratterizzato da bacche di particolare forma allungata e ricurva, dalla buccia molto lucida di colore viola scuro.
Esiste anche la violetta lunga palermitana dal sapore delicato e allo stesso tempo un po' piccante, e quella messinese di forma ovale dal colore viola intenso e quasi priva di semi.
Diversa dalle altre varietà è la rossa DOP di Rotonda, piccola e tondeggiante come un pomodoro, di colore arancio intenso con sfumature verdognole e rossastre. Nella cucina lucana trova impiego in tante ricette, fritta, aromatizzata con menta e aglio, in conserva sott’olio e sott’aceto. Ottime anche le sue foglie, tenere e ideali per essere saltate in padella.
Singolare è la varietà bianca che probabilmente viene dalla Turchia e predilige le temperature alte. È diffusa in Puglia, Basilicata e Sicilia e, oltre al colore insolito per una melanzana, ha la buccia più sottile, è quasi del tutto senza semi e dalla forma sia tonda che allungata.