“La semplicità non è una cosa semplice”: l’aforisma di Charlie Chaplin sfata la leggenda che dà al lemma sfumature negative intese come qualcosa di elementare se riferite ad un oggetto e di dabbenaggine o ingenuità se, invece, rivolte ad una persona per assumere il suo vero senso di fascinosa sobrietà e di schiettezza. Di virtù: proprio come il nome del piatto tipico, simbolo del primo maggio della città di Teramo e che vede cuochi e cuoche di professione o amatoriali impegnati per almeno due giorni, dall’alba a notte fonda, nella preparazione di un cibo apparentemente semplice ma che in realtà richiede pazienza, abilità ed amore per la cucina del territorio e per le proprie radici.
Simbolo di convivialità e solidarietà (veniva donato alle famiglie in difficoltà) ma anche di sana, pacifica competizione visto che “Le Virtù teramame”, questo il nome ufficiale della pietanza entrata a far parte dell’Atlante dei Prodotti Tradizionali d’Abruzzo, ancora oggi viene “trafficata” ovvero è protagonista della simpatica usanza di essere continuamente monitorata da familiari ed amici attraverso l’uso del “pentolino d’assaggio” che va di casa in casa in modo d’assicurarne la migliore realizzazione. Ricetta di schietta origine contadina, deriva da millenari riti propiziatori dedicati a Maia, la dea della prosperità e del risveglio della natura in primavera e si caratterizza nel mettere insieme i rimasugli degli alimenti rimasti in dispensa con altri freschi, primi doni della novella stagione. Complessa – scrive Ezio Sciarra nella prefazione - la preparazione visto che richiede “oltre cinquanta ingredienti in grado di soddisfare le esigenze antropologiche della nostra costituzione onnivora, in una dieta varia, misurata, salutare, espressione naturale della stagionalità del territorio.
I cinquanta ingredienti sono rappresentativi di ben sette tipologie alimentari: legumi secchi (fagioli di varie qualità, ceci e lenticchie), legumi freschi (piselli e fave), verdure (zucchine, carote, patate, carciofi, bietole, indivia, scarola, lattuga, verza, cavolfiore, cicoria, spinaci, finocchio, rape), odori (aglio, cipolla, maggiorana, salvia, timo, sedano, prezzemolo, aneto, noce moscata, chiodi di garofano, peperoncino, pipirella, menta selvatica, borragine, finocchietto selvatico, basilico), carni (tocchetti di prosciutto crudo, cotiche, lardo, pancetta, guanciale, lonza, piedi ed orecchie di maiale, carne macinata di manzo preparata nelle tipiche pallottine teramane), diversi tipi di pasta (secca di grano duro, fresca all’uovo di varie, colori e dimensioni), condimenti (olio d’oliva, polpa di pomodoro, sale, pepe).
Tutti cotti separatamente con tempi e modi diversi per poi fondersi una sinfonia di sapori. Riscoperto dal decano dei ristoratori Elio Pompa, scomparso all’età di 95 anni e tutelato da un disciplinare, Le Virtù domina il menu che Schillaci – presidente dell’Associazione ristoratori teramani - propone nel suo locale “La Cantina di Porta Romana”. Piatto d’eccellenza della città di Teramo come raccontano le cuoche Filomena Quaranta, Maria Cantagalli, Marina Di Domenico e Giovanna Palazzi insieme con il sindaco Maurizio Brucchi, Piero Romanelli, Paolo Pompa, Paola Di Felice, Pierluigi Montauti, Tommaso Migale e Pasquale Di Ferdinando.
Titolo: “Le Virtù. Caleidoscopio di saperi e sapori”
Autore: Marcello Schillaci
Editore: Leonardo Nodari
Prezzo: 15,00 euro