di Carmen Autuori
L’ospitalità al Sud è (anche) il bicchierino. Un vero e proprio rito che si alterna, a seconda della stagione o delle preferenze, con quello del caffè. In genere protagonisti sono i liquori dolci ed aromatici quelli che accompagnano conversazioni più o meno impegnate. Accanto a quelli famosi come il limoncello, il concerto, il nocino, il finocchietto e tanti altri fa capolino il ratafià, un antichissimo liquore nata intorno al 1600 dall’Ordine Cistercense nel monastero di Santa Maria della Sala, ad Andorno Micca, in provincia di Biella. Di lì a poco la sua fama ha travalicato i confini regionali sebbene modificato secondo le varie ricette regionali.
Digestivo dal retrogusto fruttato e dal colore rosso intenso, dato dalle ciliegie nere o dalle visciole, menzionato anche da Gabriele D’Annunzio, può essere modificato a seconda della ricetta locale utilizzata per prepararlo: in alcune zone del Lazio, per esempio, si è soliti aggiungere qualche goccia di caffè, oltre che cannella e vaniglia, in Piemonte ha come base la grappa, mentre in Abruzzo, la regione che maggiormente ha adottato il ratafià, non può mancare il famoso Montepulciano a fare da base alle ciliegie.
Anche in Campania, precisamente in Irpinia, le cantine Di Meo ne producono di eccellente, “Il Ratafià di Nonna Erminia”, ricavato da un’antica ricetta di famiglia gelosamente custodita. La sua realizzazione prevede l’infusione di dodici erbe aromatiche, unitamente a foglie di ciliegio e di amarena, in alcool e vino Taurasi per un periodo che varia da sei mesi ad un anno; il prodotto finale, ben amalgamato, è destinato ad un ulteriore affinamento di due anni in barriques di ciliegio. Viene tradizionalmente degustato a fine pasto, ma è anche un ottimo liquore da meditazione così come evoca l’iscrizione di Orazio incisa sulla bottiglia: “Non preoccuparti eccessivamente, se il popolo è travagliato per qualche ragione, goditi lieti i doni di quest’ora e accantona i severi impegni”. Due sono le ipotesi che tentano di spiegare il nome di questo liquore: la prima, allude alla formula latina “Pax rata fiat”, ovvero “La pace è fatta” che, pronunciata dai capi militari, sanciva l’accordo di pace tra due potenze belligeranti, attraverso un brindisi a tavola con questo particolare liquore.
Un’altra ipotesi è quella che richiama la formula di suggello utilizzata al termine della stipula di notarili o accordi commerciali, al suono di “Ut rata fiat”, cioè “ratificato”.
La Ratafià è un liquore ideale da degustare come fine pasto, magari insieme ai dolci o anche come bagna per il pan di Spagna. Non fatevi fuorviare dal termine ratafià, in realtà questo nome si usa per indicare un qualsiasi liquore composto da un infuso a base di frutta, alcool e zucchero. Data la stagione utilizzeremo le preziose ciliegie.
Ingredienti
- 1 kg di ciliegie nere, ben lavate al netto dei gambi e noccioli
- 2 litri di grappa
- 1/2 l di alcol per liquori a 90°
- 500 ml di acqua
- 800 g di zucchero
Procedimento
Lavate bene le ciliegie, scolatele e fatele asciugare bene distese fra 2 teli ben puliti. Togliete poi i gambi e togliete il loro nocciolo con l’apposito attrezzo, tenendole sopra una ciotola in modo da raccogliere tutto il succo.
Tenete da parte i noccioli. Mettetele ora in un vaso, aggiungete la grappa e, dopo averlo ben chiuso, lasciatelo al sole per 1 mese, scuotendolo di tanto in tanto. Prendete la metà dei noccioli e metteteli in un secondo vaso assieme all’alcol per liquori, chiudete ermeticamente e lasciatelo al sole accanto all’altro vaso. Trascorso il mese di tempo, fate uno sciroppo con l’acqua e zucchero e quando lo zucchero si è ben sciolto lasciatelo raffreddare in un luogo fresco.
È importante che lo sciroppo sia raffreddato a temperatura ambiente prima di unirlo all’alcool se si vuole ottenere un liquore ben limpido. Se invece è ancora tiepido il liquore s’intorbidirà.
Filtrate ora il liquore dei 2 vasi in una ciotola passandolo al colino foderato con un panno ben pulito.
Aggiungete ora lo sciroppo di zucchero, mescolate bene e versate in bottiglie perfettamente pulite e asciugate che chiuderete bene e conserverete in un luogo fresco e buio per almeno un mese.