di Annatina Franzese
La storia di “Da Gigione” è la storia di una famiglia ed affonda le sue radici nel 1985, quando Luigi Cariulo e sua moglie Antonietta Cesario inaugurarono la prima macelleria a via Fiume, a Pomigliano d’Arco. Sin dall’apertura e grazie all’esperienza di Luigi, da sempre selezionatore e mediatore di bestiame, la macelleria è diventata un punto di riferimento tra le realtà commerciali della cittadina ad est di Napoli.
Nel corso degli anni, la famiglia Cariulo ha investito molto sulla sua attività, fino ad arrivare ad indossare la veste attuale nel 2015 con la nascita del marchio “Da Gigione” e l’affermarsi della ambiziosa quanto visionaria volontà di trasformarsi, pur mantenendo fede a se stessi, dei figli di Luigi: Raffaele, Gennaro ed Alberto.
Dapprima macelleria, poi hamburgheria da asporto, fino ad arrivare ad oggi: due punti vendita ed oltre cinquanta dipendenti per un concept ove la carne, pur essendo la regina tra le materie prime presentate, si declina nelle più disparate e gustose combinazioni.
Mentre il primo nato, ossia il polo di via Passariello “Da Gigione Macelleria & Hamburgheria”, conserva la sua proposta fast, è stato il punto vendita di via Roma “Da Gigione Hamburgheria e Braceria”, oggetto di una vera e propria rivoluzione, ben contestualizzata all’interno di una realtà, quale quella di Pomigliano d’Arco, da sempre più di città che di provincia. Collegare “Da Gigione” solo al panino è riduttivo, ma non possiamo fare a meno di soffermarci su quanto le trasformazioni del mood Cariulo abbiano influito sullo stesso.
“Ho cominciato a soffermarmi sul panino da subito, appena ho iniziato a lavorare in azienda. Inconsapevolmente, in maniera istintiva. In bottega avevamo la qualità, cioè la carne e allora, partendo dalla carne, ho pensato di cominciare a lavorare su un panino che fosse diverso rispetto a quelli che proponeva il mercato. Certo, lavoravamo ancora sul prodotto confezionato, ma già la nostra offerta era diversa rispetto a quella che il cliente era solito trovare in giro”, racconta Gennaro Cariulo, secondo figlio di Luigi e Antonietta, laureato in Finanza, che ritrovatosi quasi per caso nell’attività di famiglia è diventato motore di una crescita etica e sostenibile dell’azienda.
“Successivamente, il mercato ha cominciato ad allinearsi e mentre a Milano il panino cominciava ad essere sdoganato, ho spostato l’asticella sulla combinazione carne/pesce, ancora poco conosciuta in Italia. Il vero e proprio punto di svolta, però, l’ho raggiunto nel 2020, quando ho iniziato a cucinare il panino, a vederlo come un piatto, quando è nato il panino on top”.
Il panino On Top, è un panino servito in tavola come un vero e proprio piatto; tagliato in due metà uguali adagiate sul piano con una farcitura “on top”, cioè sulla parte superiore, che ben si presta al morso.
“È vero, il panino non sarà mai un piatto perché è legato alla gestualità delle mani e ad una forma mentis in noi radicata, ma di fatto, sono riuscito nel mio intento di liberarlo dai confini imposti dalla precomposizione. Con il panino on top, la componente estetica oltre che qualitativa, assume una percezione piena. Per me adesso il panino non ha più limiti, ma per arrivare a queste idee ho studiato, mangiato, mi sono spinto, però, senza mai perdere di vista il consumatore finale”.
Rispetto al cliente, infatti, Gennaro Cariulo, ha le idee ben chiare.
“Il cliente va educato. Non esiste nulla di inventato in cucina. I fermentati esistevano già nell’Antica Grecia e noi li stiamo solo riprendendo. Non abbiamo mai avuto difficoltà con i clienti in quanto la nostra proposta è sempre stata molto chiara. Tramite il menu, la sala, spieghiamo e facciamo capire sempre quello che si sceglie perché per noi il cliente rimane al centro. Anche rispetto ai prezzi, la nostra carta, si adegua al rincaro della materia prima e non alla crescita aziendale”
. Effettivamente, la proposta Da Gigione continua ad essere abbastanza trasversale e riesce ad accontentare anche chi preferisce un’alternativa fast.
“Quando ho iniziato, i panini dai nostri competitors costavano 5 euro. Noi, li avevamo già a 5,50 euro per rendere chiaro il messaggio della differenza. Oggi, continuiamo a conservare l’alternativa semplice, veloce, che forse mantiene ancora l’80% del menù, però, nel tempo, anche lì c’è stata evoluzione. Sarebbe semplice proporre bacon e patatine, ma così non genererei curiosità. La mia mission è attirare ed incuriosire il cliente”.
Uno sguardo oltreconfine, azzardo, ricerca, tecnica, continuo mettersi in discussione, ma piedi ben saldi nella propria realtà territoriale anche rispetto all’approccio alla materia.
“Il pane per me non è mai stato un semplice contenitore, ma parte integrante nella costruzione del panino. Il nostro bun nasce da una lunga lievitazione e dall’uso di farine di qualità. Non è mai stato né dolce né morbido, ma sempre ben calato nel nostro contesto. Il pane e i lievitati sono di nostra produzione. Il pane dei grandi numeri, invece, nasce da una collaborazione tra noi e Federico De Maria della pizzeria ‘I Vesuviani’. Abbiamo il laboratorio in comune. Rispetto alla materia prima, sono molto legato ai produttori locali, il rapporto con loro per me è naturale, è dentro di me. Mi ricordo ancora di quando mio padre, da piccolo, la domenica mi portava in giro per le aziende agricole del circondario ad acquistare verdure, uova. Certo, non dobbiamo limitarci ad una visione stagionale e territoriale del prodotto, la materia prima locale deve essere considerata un punto di partenza e non d’arrivo. Per esempio, in menù, ho la guancia di maiale con i contorni di stagione. Quando Dario Montoro di Montoroerbe mi chiama per dirmi che cosa ha a disposizione, subito inizio a chiedermi cosa sperimentare, anche se magari sono verdure, erbe, fiori eduli, ai più poco conosciute. Le idee, magari, mi vengono anche sorseggiando un calice di vino o bevendo una birra. Se ti fai delle domande, ti evolvi. Tutto nasce dalla combinazione di studio, assaggio, istinto. Il risultato è l’equilibrio”.
Da Gigione, oggi, è una vera e propria azienda, ben salda nonostante il terremoto covid. “Paradossalmente, in questo periodo, stiamo lavorando di più. Certo, manca la parte della sala e, di conseguenza, la clientela che ogni settimana macinava chilometri per raggiungerci da ogni parte d’Italia. Con l’asporto e la delivery, però, ci siamo organizzati in maniera da soddisfare la richiesta, mantenendo lo standard cui abbiamo abituato chi ci preferisce. Sul punto, sto ancora concretamente valutando come ampliare l’offerta, conservandone la sostenibilità anche da un punto di vista economico. Con il covid, come reazione alla staticità, ho cominciato ad azzardare ancora di più. Dopo tutto questo, sono convinto che la gente vorrà recuperare il tempo perduto uscendo, mangiando bene, ma soprattutto, mangiando diversamente rispetto a quanto fatto sino ad ora. La componente esperienziale, per me già importantissima, sarà fondamentale”.