I Personaggi

Gabriele Muro lo chef che ha portato Procida a Roma

Gabriele Muro lo chef che ha portato Procida a Roma

di Fabiola Pulieri

Anche se a Roma non c’è il mare, in pieno centro storico batte il cuore di una piccola isola del Mediterraneo, Procida, che con i suoi colori, i suoi profumi e i suoi intensi sapori inebria chi si accomoda ai tavoli del Ristorante Adelaide all’interno dell’Hotel Vilòn, 5 stelle di lusso in un’ala di Palazzo Borghese, grazie ad uno chef che il mare lo porta da sempre dentro di sé: Gabriele Muro. Trentasette anni, da venti lontano dalla sua amata Procida, è cresciuto professionalmente senza mai perdere di vista le sue radici ed ha costruito una sua identità fatta di ingredienti e materie prime mediterranee intrise di contaminazioni locali, come nel caso del Lazio e di Roma che oggi sono il luogo in cui vive e lavora. Ma attenzione, se gli si chiede dov’è la sua casa la risposta è immediata: «casa mia è Procida e lo sarà sempre!».

Che ricordi hai di quando da bambino e adolescente vivevi a Procida?

«Tantissimi bei ricordi! A 15-16 anni l’isola era un fermento continuo, c’era sempre un gran via vai di gente. Tutti lavoravano con le barche: chi faceva il marinaio, chi il macchinista, chi era pescatore e anche nella mia famiglia era così. Io invece a 13 anni volevo fare il cuoco e per questo mi sono iscritto all’Alberghiero ad Ischia. Amavo il cibo, la cucina era per me una grande passione e la peggiore punizione che potesse darmi mia madre era non farmi mangiare! D’estate lavoravo nelle trattorie dell’isola e mi divertivo tantissimo. Tutto è cambiato quando a 18 anni ho deciso di andare via e fare nuove esperienze».

Come tutti i ragazzi che raggiungono la maggiore età è normale avere voglia di uscire di casa, ma per un isolano è diverso?

«In parte sì, sicuramente! L’isola è un luogo circoscritto, soprattutto Procida che è appena 4 chilometri quadrati e basta sedersi davanti al bar del paese per incontrare tutti, chiacchierare con gli amici e passare la giornata. Dall’altra parte, però, per chi come me fa il cuoco, è importante confrontarsi con altre realtà e a 18 anni era il momento giusto per farlo, anche se all’inizio è stata dura. I ristoranti e gli hotel importanti in cui ho fatto la gavetta erano molto diversi dalle trattorie di Procida. Ho dovuto rivedere tantissimo il mio approccio alla cucina, ho affinato le tecniche e sono cresciuto tanto professionalmente».

Cosa ti ha “salvato” nelle grandi città che hai imparato nella tua piccola isola?

«L’arte di “sapermi arrangiare”! Se ci penso ora mi viene da sorridere ma, mentre non avevo tutte le basi tecniche per affrontare le mille insidie della cucina, avevo dalla mia l’arte di sapermi arrangiare imparata sin da ragazzo in un posto dove non c’è tutto ma c’è ciò che serve veramente. Ci sono mille aneddoti che mi rivengono in mente tutte le volte che penso alla mia isola. Penso a mio zio che vendeva il pesce con il carrettino andando in giro porta a porta o all’odore forte delle alici, che da bambino odiavo perché i pescatori amici dei miei ce ne regalavano cassette e cassette ed io non ne potevo più di sentirlo ovunque».

Non hai mai pensato di fare il pescatore invece dello chef?

«No, non avrei potuto, non sono mai riuscito a pescare nulla. Mio padre è sempre stato un bravissimo pescatore e ancora adesso prende tanti pesci, io non sono mai stato capace. Quando mi portava con lui a pesca subacquea non vedevo niente, neanche mi accorgevo che lui nel frattempo aveva preso polpi, saraghi e tanto altro. Io preferisco cucinarli!».

E a proposito di cucinarli questi pesci, hai deciso di dedicare alla tua bellissima isola di Procida un intero menù degustazione presente al Ristorante Adelaide dal 25 gennaio. Ci racconti di cosa si tratta?

«Il nome del menù che comprende cinque portate è “Sull'isola di Gabriele”: è ricco di molti prodotti tipici dell'isola che mi ricordano gli orti tra le case colorate dei pescatori, i vicoli dove si sentono i profumi dei piatti della tradizione, una cucina povera marinara rivista con gli occhi di chi ha viaggiato. Un menù ricco di colori. Anche quello che mangiavo da bambino aveva un colore: arancione come la marmellata di agrumi che faceva zia Salette, rosso come il pomodoro nei barattoli, giallo come i limoni sull’albero nell’orto. Su tutto sempre l'azzurro forte del mare, dal gusto salmastro che è nel Dna dei procidani. Le materie prime mi arrivano in parte direttamente dall’isola, io stesso quando vado a trovare la mia famiglia faccio incetta di limoni che hanno un sapore e un profumo unico».

E quali sono questi cinque piatti del menù dedicato a Procida?

«'O pesce fujuto, La Colazione del Pescatore, La Cicarella Nuda, Lo Scorfano scherza sott'acqua e L'Oro di Procida. Dall’antipasto al primo, passando per una zuppa e un secondo, per finire con il dolce. ‘O pesce fujuto è un sugo di pomodoro e aglio che le mogli dei pescatori fanno mentre aspettano il ritorno a casa dei mariti dopo la pesca. Poiché spesso o vendono tutto il pesce o non ne prendono affatto, alla fine si mettono le fette di pane nel sugo e di pesce non ce n’è neanche l’ombra: è fujuto appunto! È un piatto povero ma ottimo. La colazione del pescatore è una fetta di pane con il pomodoro strofinato, con le alici marinate e un velo di cipolla rossa. La cicarella nuda è uno spaghettone mantecato con una salsa di cicarelle e cicarelle marinate. Lo scorfano invece è sfilettato e insaporito, servito con il carciofo e il riccio di mare, ingredienti simbolo di Procida. Il dolce infine è un biscotto di frolla con cremoso di limone e limone candito».

Non hai mai pensato di tornare a Procida e magari aprire un tuo ristornate lì?

«La mia isola è e sarà sempre la mia casa. Anche se ora vivo e lavoro a Roma penso che un giorno tornerò a vivere a Procida, forse quando andrò in pensione, per godermi la mia gente, la mia isola, il mio mare, non credo per aprire un ristorante, ma mai dire mai! Per ora sono felice del riconoscimento che ha ottenuto Procida e la celebro anche io a Roma con il mio contributo da Adelaide all’Hotel Vilòn, dove si può pranzare e cenare con la formula staycation ma anche con la nuova formula Smartworking & eating».

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