di Dora Sorrentino
Quella di Ciro Casale è una storia caratterizzata da tanti sacrifici che ha dovuto affrontare sin da piccolo per motivi familiari e che lo hanno portato oggi a poter tranquillamente affermare, dopo un duro lavoro, di essere finalmente riuscito a realizzarsi. Inizia a lavorare da giovanissimo nel settore della ristorazione, migrando poi dalla sua terra natia verso la provincia di Avellino. Ed è proprio in questa zona, a Baiano, che oggi ha il suo locale, la Pizzeria Pulcinella da Ciro, che ha già riscosso molto successo.
Ciro, quando comincia la tua esperienza lavorativa e quando hai capito che il mestiere del pizzaiolo era il tuo futuro?
«La mia esperienza lavorativa comincia nel 1994, a tredici anni, quando iniziai a collaborare con un mio zio in una pizzeria di Torre Annunziata. Ero già orfano di padre e mia madre era malata, per cui un’altra zia, che abitava a Serino, decise di prendersi cura di me e degli altri miei due fratelli. Da lì, ho cominciato a lavorare in cucina, e non solo nel settore della pizzeria, così è partita la mia gavetta. Nonostante avessi già concluso il mio percorso scolastico con le scuole medie, con il tempo mi sono così appassionato a questo lavoro che decisi di iscrivermi all’istituto alberghiero. Nel periodo estivo, ho fatto esperienza presso strutture sparse un po’ in tutta Italia. Dopo aver concluso l’alberghiero, sono andato a lavorare in Inghilterra, lì mi trovavo bene, la paga era ottima, ma son dovuto ritornare in Italia a causa del servizio militare e da lì mi stabilii definitivamente in Campania. L’esperienza di pizzaiolo intesa come professione vera e propria comincia quando, dopo il militare, mio fratello mi propone di aprire una pizzeria in provincia di Avellino. Da lì ho lavorato ancora nel settore e poi fui assunto come pizzaiolo in una struttura di Mugnano del Cardinale, dove venivo trattato molto bene dai titolari, il mio lavoro veniva apprezzato, ho avuto la possibilità di mettere in pratica tutte le conoscenze e, cosa più importante, è lì che ho conosciuto la mia attuale moglie».
Quando arriva la svolta della tua vita?
«Avviene quando io e mia moglie decidemmo di aprire una pizzeria tutta nostra, solo da asporto, a Mugnano del Cardinale. Per sette anni e mezzo è stata il nostro mondo, ha rappresentato tutta la nostra vita. Eravamo riusciti da soli a mettere da parte dei soldi per poter realizzare questo nostro sogno, era frutto di un duro lavoro fatto insieme. Oggi c’è ancora, ma all’interno ci lavora mio cognato. Tre anni fa mi si presentò l’occasione di aprire un locale più grande, con posti a sedere e così decidemmo di intraprendere questa nuova sfida».
Qual è il tuo concetto di pizza?
«Naturalmente abbia iniziato a lavorare su un concetto di pizza tradizionale, con un tipo di impasto diretto napoletano, senza pre-fermenti né tecniche particolari, ho sempre cercato di stare al passo con i tempi. Mi sono formato grazie ad alcune consulenze, ho frequentato corsi tenuti dai maestri dell’arte bianca, ho studiato anche da autodidatta. La pizza per me rimane quel disco di pasta inteso alla napoletana, cercando di dare la giusta idratazione e di ottenere le adeguate alveolature, senza però arrivare al famoso “canotto”, per intenderci. Quindi utilizzo tecniche moderne per ottenere un buon prodotto, digeribile, che rappresenti comunque la pizza napoletana. La pizza più richiesta nel mio locale è la margherita con il Provolone del Monaco, per il resto cerco di dare ampio spazio ai prodotti del territorio, soprattutto quello irpino».
Che progetti hai per il futuro?
«Innanzitutto spero che passi presto questo virus e che si possa tornare quanto prima alla vita di sempre. Poi mi auguro di continuare la collaborazione con la trasmissione Mediaset Ricette all’Italiana e un giorno di poter dedicare più tempo alla mia famiglia, le mie figlie rappresentano il mio riscatto ed il mio orgoglio. Voglio trasmettere loro i valori più importanti della vita, in particolare cerco di insegnare loro a non emarginare nessuno, soprattutto chi è piccolo di età ed ha bisogno di aiuto, come è capitato a me in passato».