Angelo Sabatelli, dalla Puglia con furore

Angelo Sabatelli, dalla Puglia con furore

di Monica Caradonna

 

Non bisogna lasciarsi ingannare dall’aspetto da burbero. Dietro la barba canuta e gli occhiali, Angelo Sabatelli cela una storia unica in Puglia. E sorride. E dispensa racconti avvincenti. Ma non le manda a dire. «Non è più tempo per i giochini col ghiaccio secco. È tempo per emozionalità, ma territoriale. L’avanguardia in Italia la sa fare bene Giacomello a L’Inkiostro. Nessuno nel nostro Paese si è riuscito a posizionare nella percezione e cultura collettiva come Adrià in Spagna, quindi lavoriamo su ciò che abbiamo in termini di storia e territorio. E chi dice che sono un orso non mi conosce» dice lui. In realtà non c’è tempo per troppa leggerezza nella sua vita. Lui che è cresciuto senza privilegi e che ha viaggiato sempre con la curiosità della scoperta. Un passo avanti agli altri. Curioso e avanguardista anzitempo.

Quasi quarant’anni fa, complice l’età e quella libertà che spinge l’acceleratore sulla creatività – in una Roma che serviva la trippa rigorosamente con il sugo - lui la abbinava all’astice con le fave fresche e il pecorino. E il raviolo lo riempiva di foie gras e salsa matriciana. Da far rabbrividire i puristi della tradizione romana, ma da far innamorare gli ispettori della rossa che nel 1995 assegnarono al Convivio Troiani con Sabatelli ai fornelli la prima stella Michelin. «Quello è il posto in cui mi sono divertito di più e dove ho fatto una cucina molto spinta» ricorda Angelo.

È stato l’antesignano in Puglia della cucina gastronomica che punta sul vegetale. Evviva Dio verrebbe da dire. Nella regione baciata dal sole con la biodiversità più ampia nel paniere della spesa è stato Angelo Sabatelli due anni fa a proporre il primo menù totalmente vegetariano in un ristorante finedining.

Qualche sera fa, passata abbondantemente la mezzanotte, ha ricevuto la chiamata dalla sua mamma. Una convocazione urgente a casa a qualunque ora dopo la chiusura del ristorante. Non si è preoccupato per la richiesta bizzarra, ma a notte inoltrata si è beato di una tiella di melanzane ripiene con quel sapore unico che sin da bambino lo ha fatto innamorare e gli ha fatto scegliere, per passione e per gusto, la melanzana come sfida nel suo menù. «La melanzana è ‘na cosa d’infanzia» racconta Angelo. È una questione d’amore. Oggi ha all’attivo sette versioni diverse. Ma tutto è cominciato a Shangai dove in un ristorante è rimasto colpito da un piatto in cui la salsa era fatta con macinato di maiale, miele, zenzero e salsa di soia. Un piatto grasso ma affascinante. «Chiesi ai ragazzi di farsi spiegare dallo chef come si facesse. Da lì è nata l’idea. la mia, però, benché venga fritta, non ha un filo di grasso».

Shangai, dunque. Ma prima ancora l’avventura romana. «Partii giovanissimo e decisi di sposare Laura prima del previsto per iniziare insieme quel viaggio che non sapevo ancora dove ci avrebbe portato». Veniva dall’esperienza dei banchetti e preparare sessanta coperti da solo in cucina non lo spaventava. Ha girato. Irrequieto. Fino a quando un giorno ha preso un treno per incontrare chi gli avrebbe consegnato il suo biglietto aperto per l’Asia. «Rischiai di perdere il treno. Arrivai a Milano al Gallia con un’ora di ritardo. All’epoca non c’erano i telefonini, ma mi aspettarono. Fu un buon incontro e mi preparai per il viaggio che sarebbe durato dodici anni della mia vita. Ma all’epoca pensavo di partire solo per imparare l’inglese».

Prima destinazione Jakarta dove Angelo è arrivato poiché non ancora pronto per la sfida linguistica con Hong Kong. «Lavoravo da Troiani, un imprenditore mi propose di andare in Cina ma non conoscendo l’inglese la prima destinazione fu l’Indonesia».

È qui, nel nulla assoluto in termini di materie prime utili per un ristorante italiano, che Angelo ha imparato forse la più importante delle lezioni in cucina: bilanciare i sapori, creare equilibri; ed è stato alle Mauritius che ha capito di poter fare cose diverse dagli altri. «Lavorare nei ristoranti collegati agli hotel ti consente di avere i coperti sold out».

Oggi Angelo si guarda intorno e forse complice un po’ la disillusione di una Puglia che ancora stenta a stringere un patto con la sua coscienza e cultura gastronomica, sente il peso di un pubblico non attento che probabilmente lo rende meno libero di osare.

«Si lavora ogni giorno per migliorarsi, ma c’è sempre il freno del territorio, ma mi ripeto che devo stare calmo. Ho superato ben altre pandemie». La stanchezza viene immediatamente smorzata da un guizzo creativo che lo porta a ricordare che «sto lavorando all’ottava versione della melanzana, correggi».

E alla domanda se ha pensato mai di andar via risponde dopo ventiquattrore con un messaggio sul telefonino «no, non ho mai pensato di andarmene dalla Puglia, ma oltre al mio ristorante ho pensato di fare altro per la mia regione e perché no anche altrove». Signori e signore Angelo Sabatelli sta tornando!